
Sonia Andresano, Residenza/ Resilienza, fotografia, 2017
“Che cosa significa essere contemporanei ?” si domanda Giorgio Agamben in una lezione inaugurale del corso di Filosofia Teoretica presso lo IUAV di Venezia nel 2006.
Non è facile definire un aggettivo così tanto utilizzato nel nostro linguaggio. Oggi tendiamo a porlo di fronte ai sostantivi, poi lo flettiamo con suffissi fino a farlo diventare un avverbio.
Eppure nella lezione, raccolta in un piccolo libricino di 20 pagine, le risposte di Agamben sono chiarissime. Così in pochissime righe prende forma un concetto dal carattere temporale, ma sopratutto inaspettatamente legato alla capacità di vedere la realtà. «Contemporaneo è colui che tiene fisso lo sguardo nel suo tempo, per percepire non le luci, ma il buio. Tutti i tempi sono, per chi esperisce la contemporaneità, oscuri. -afferma Agamben- Contemporaneo è appunto, colui che sa vedere questa oscurità, che è in grado di scrivere intingendo la penna nelle tenebre del presente.»
Ma allora cos’è il buio ? dobbiamo averne paura ?
Anche qui Agamben ci rassicura, no affatto. Le tenebre ed il buio non sono una forma di inerzia e passività, sono piuttosto una condizione legata all’assenza di luce. Anzi, la neurofisica afferma che nell’oscurità si inibiscono delle cellule periferiche della retina chiamate off-cells che entrano in azione e producono la visione del buio.
Siamo arrivati al momento di parlare dell’opera di Sonia Andresano, ma vorrei fare un discorso a priori: immaginiamo di dover eseguire tutte le azioni qua sotto descritte dopo aver cambiato molte abitazioni, circa venti, tutte nella stessa città.
Ci troviamo al buio nella nostra camera da letto, dispieghiamo le coperte e ci infiliamo sotto. Calore, sicurezza, protezione, dedizione, un turbinio di emozioni ci coccolano. Rimaniamo al buio. Chiudiamo gli occhi. Ci addormentiamo. Passa la notte. Ci risvegliamo. Apriamo gli occhi. Luce. Dove siamo ? in quale casa ? quale letto, quale stanza ? che oggetti toccano le miei mani ?
Giunti a questo punto, potremmo continuare a descrivere il subbuglio di messaggi prodotti dalla nostra testa in questo stato confusionale, anche solo per la curiosità di volerne decifrare altri.
Ebbene, proviamo solo ad immaginare lo stato d’animo.
Sicuramente eseguire le stesse azioni in tanti luoghi diversi ci porta ad avere una sensazione destabilizzante, sarebbe come ricevere tanti piccoli urti emotivi che alla fine ci sfiorerebbero, ma senza mai romperci del tutto. Potremmo chiamare tutto questo Resilienza, se dovessimo scegliere una parola.
Questo tipo di approccio, basato sulla resistenza emotiva a piccoli traumi, ha caratterizzato tutta la vita di Sonia, in particolare nel momento straniante del cambio di abitazione che in un arco temporale breve è stato molto frequente.
In questo gruppo di opere sono fotografate una selezione delle camere da letto che Andresano ha cambiato. Si susseguono come dei piccoli scrigni di vita con la stessa visuale, il letto è il mobilio attorno al quale ruota il fuoco dell’immagine.
Residenza / Resilienza è un’opera a più fasi che si sviluppa secondo diversi livelli vivisi. Reiterando l’atto fotografico Sonia, prima documenta lo spazio vissuto, poi esegue la sua manipolazione. Così la foto della stanza che le era stata assegnata durante una residenza d’artista a Cosenza, la prima sulla sinistra, si trasforma in un dispositivo visivo.
Ciò che è stato fatto all’interno della camera da letto vuole far emergere una riflessione sull’appartenenza, che si sviluppa nella percezione dell’individuazione di punti fermi, ovvero dei capisaldi geometrici che la nostra memoria deve ri-conoscere per viverci dentro.
Così gli spazi che ci accolgono vengono delimitati con del nastro adesivo fosforescente, poi la luce si spegne e lo spazio emerge attraverso gli oggetti, come in un rendering virtuale. La nostra testa si abitua a vedere al buio e ritorna quella capacità di cui parlava Agamben “Contemporaneo è colui che tiene fisso lo sguardo nel suo tempo, per percepire non le luci, ma il buio. […] Contemporaneo è colui che riceve in pieno viso il fascio di tenebra che proviene dal suo tempo”
Nell’opera si accorcia il tempo e cala il silenzio nell’oscuro spazio illuminato da una segnaletica fosforescente. Nel buio della stanza si sgretolano tutte le incertezze, quindi non abbiate paura e non temete le tenebre, sappiate guardare nel buio.
Proviamo ad essere contemporanei, proprio come Sonia. Assieme a lei neutralizziamo le luci che provengono dalla nostra epoca, abbassiamo il volume del vociare indistinto delle mille connessioni che ci legano, spingiamo il tasto in off, spengiamo le spie luminose ed impariamo ad orientarci, a vedere e riconoscere il buio della nostra epoca.
Ricordiamo che si tratta di un buio speciale, non ci fa paura, ci dondola e ci consola. Cela segreti reconditi e l’essenza della nostra vita attuale. Una vita contemporanea.